29 Dic đď¸ 1 Gennaio, Giornata Mondiale della Pace
1 Gennaio – Giornata Mondiale della Pace
In occasione della Giornata della Pace vi proponiamo un breve estratto di unâintervista a Bertrand Badie, âInventare una grammatica dellâindipendenza globaleâ, docente di Relazioni internazionali Centre dâĂŠtudes et de recherches internationales, Sciences Po (Parigi), a cura di François EuvĂŠ SJ, Direttore della rivista Ătudes, uscita nel numero di dicembre di Aggiornamenti Sociali (https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/inventare-una-grammatica-dellinterdipendenza-globale/).
Essere costruttori di pace in un mondo dove la forza ed i conflitti prendono sempre piĂš campo necessita lâapertura verso una comprensione che coltivi un pensiero complesso. Nellâintervista Bertrand Badie osserva di come oggi âil sociale corra piĂš velocemente del politicoâ e di come il fattore umano, giochi di conseguenza, un ruolo crescente sia nello stabilire legami di fraternitĂ , sia nel distruggerli. Inoltre forte di unâesperienza e di un percorso personale insolito dove ha dovuto fare i conti con unâereditĂ biculturale, persiana e francese, invita a misurarsi con il fatto che âotto miliardi di esseri umani non condividono gli stessi sistemi di comprensione e che per questo lâatto di pace piĂš importante è innanzitutto capire lâaltro, che non significa approvarlo ma innanzitutto decifrarloâ.
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Esistono organismi globali che dovrebbero regolare il multilateralismo. Che cosa pensa del loro ruolo e del modo in cui operano?
Il multilateralismo eĚ stato inventato per affrontare queste sfide e costruire la sicurezza globale. La sua preistoria risale alla metaĚ del XIX secolo, quando i cambiamenti tecnologici e i miglioramenti nei trasporti, in particolare quelli marittimi, ebbero conseguenze potenzialmente problematiche per la circolazione delle merci (la diffusione delle malattie, ad esempio). EĚ interessante notare che eĚ stato il rischio sanitario globale a ispirare le prime convenzioni internazionali. Gli Stati presero tempo, ma alla fine furono coinvolti in un processo che portoĚ alla creazione dellâUfficio internazionale di igiene pubblica (OIHP) nel 1907. Ci volle la grande paura della Prima guerra mondiale per sistematizzare questa invenzione attraverso la creazione della SocietaĚ delle Nazioni, e poi la paura suscitata dalla guerra successiva per dare vita allâOrganizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Ma, paradossalmente, questo multilateralismo eĚ stato creato su base strettamente interstatale. Persino la Carta di San Francisco, che istituisce le Nazioni Unite, legalizza la forza dando agli Stati piuĚ potenti un diritto di veto, che consente loro di opporsi alle decisioni della maggioranza se vanno contro i loro interessi. Da qui la natura imperfetta, quasi abortita, del multilateralismo, ucciso sul nascere dalla conferma delle vecchie logiche di potere. Questo non sfuggiĚ a quel grande uomo che fu Kofi Annan, Segretario generale dellâONU dal 1997 al 2006, e al suo predecessore Boutros Boutros-Ghali (1992-1996), che ebbe le stesse intuizioni. Entrambi avevano capito chiaramente che il futuro del pianeta risiedeva nella tutela del suo carattere globale, come dimostrato dalla famosa Dichiarazione del Millennio (2000) e dalla formulazione degli Obiettivi di sviluppo del millennio che lâhanno immediatamente seguita. Annan ha avuto una seconda intuizione: fincheĚ il multilateralismo si reggeraĚ sugli Stati, non saremo in grado di affrontare efficacemente queste sfide globali. Per questo motivo ha esaltato lâutilitaĚ di quello che ha definito multilateralismo âsocialeâ o âcomplessoâ, per designare quelle istituzioni allâinterno delle Nazioni Unite specializzate nel soddisfare i bisogni sociali propri di tutta lâumanitaĚ, che trascendono la volontaĚ degli Stati.
Se guardiamo a organizzazioni come il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), il Fondo delle Nazioni Unite per lâinfanzia (UNICEF), lâOrganizzazione mondiale della sanitaĚ (OMS), lâOrganizzazione delle Nazioni Unite per lâalimentazione e lâagricoltura (FAO) e il Programma alimentare mondiale (PAM, che ha ricevuto un meritato Premio Nobel per la pace nel 2020), vediamo in esse la realizzazione di una scommessa che ha senso ancora oggi. Abbiamo piuĚ possibilitaĚ di rovesciare la sovranitaĚ egoistica dei singoli Stati se partiamo dai bisogni dellâumanitaĚ e lavoriamo per trovare soluzioni, invece di andare nella direzione opposta. Quando il PAM esamina le situazioni di crisi alimentare, non procede sulla base delle politiche dei singoli Paesi. Identifica i bisogni urgenti dellâumanitaĚ nel suo complesso. Credo che questo sia lâapproccio giusto e che dimostri che il multilateralismo non eĚ del tutto perduto: queste istituzioni sociali possono rispondere a questi bisogni sistemici, che sono ormai cruciali. Lâimportante rapporto dellâUNDP del 1994 sulla sicurezza umana eĚ una sorta di manifesto [New Dimensions of Human Security, in <https://hdr.undp.org/ content/human-development-report-1994>, N.d.R.].
Diverse persone hanno svolto un ruolo fondamentale nel dare forma a questo multilateralismo sociale, come i due Segretari generali giaĚ citati o coloro che hanno diretto e presieduto le grandi commissioni istituite negli anni â90, che hanno svolto un notevole lavoro di immaginazione istituzionale. Dobbiamo a loro la consapevolezza di questi grandi problemi.
Per secoli, le relazioni internazionali sono state totalmente ipotecate da un approccio piuĚ meccanico che umano. La globalizzazione e la decolonizzazione ci hanno giaĚ costretto a riumanizzarle. Purtroppo, cioĚ eĚ avvenuto spesso nel modo peggiore possibile, con violenza, ribellione, rabbia e, soprattutto, sofferenza. Ero solito dire ai miei studenti che le relazioni internazionali sono la scienza della sofferenza umana su scala globale. Sono i vincoli posti ai ricchi e ai potenti dalla sofferenza umana che hanno innescato la riumanizzazione delle relazioni internazionali, alla quale i grandi del mondo hanno dovuto acconsentire, anche se in modo incompleto.
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