27 Gen Siamo tutti in pericolo
Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa liberava il campo di sterminio di Auschwitz; un fatto storico come lo sono tutti gli altri campi in cui milioni di persone sono state assassinate, torturate, calpestate.
So bene che “Giornata della Memoria” vuole significare dedicare un giorno al ricordo di un accadimento nell’intento di riconoscerlo come importante: qualche cosa da non scordare non solo per onorare le persone, in questo caso le vittime coinvolte, ma anche come monito per tutti gli altri.
Ma la memoria è divisiva, ognuno ha la propria.
Preferisco pensare a questo giorno come a un’occasione in cui un evento della nostra Storia, oltre a commemorare le milioni di vittime, invita ognuno di noi a riflettere su di sé.
Il 10 gennaio scorso Mario Paolini ha tenuto a Genova, presso la sala del Munizioniere di Palazzo Ducale, una conferenza sullo sterminio dei disabili durante il nazismo (https://www.youtube.com/watch?v=Da_ntP1lwOE e https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/01/27/giorno-della-memoria-lo-sterminio-dimenticato-dei-disabili-paolini-furono-i-primi-ad-essere-uccisi-su-di-loro-furono-sperimentati-gas-e-forni/5684564/), episodio della storia recente che, tra il 1939 e il 1941, è stato preludio all’apertura dei campi di sterminio.
Ma non è che l’eugenetica sia nata, e morta, con il nazismo.
Ce lo ha ricordato Mario e ce lo ricordano i dati sulla sterilizzazione forzata delle persone ritenute portatrici di anomalie genetiche praticata in molti paesi fino a tempi recenti. La tabella sottostante, contenuta in una relazione del Prof. Antonio Spinelli (http://www.dalrifugioallinganno.it/Aktion%20T4.pdf nel sito http://www.dalrifugioallinganno.it/lunanuova/t4/indice.htm), ci aiuta a farcene un’idea.
Il punto su cui interrogarci, proposto dal relatore, è stato ed è, in sintesi: come si creano le condizioni per cui un progetto di questo tipo sia messo in atto sotto lo sguardo di una popolazione e se non con il consenso di tutti, almeno con la ribellione di pochi? Ed è qui che ciascuno di noi è chiamato in causa personalmente.
Cosa posso fare io, oggi, qui?
Così la Storia diventa attuale, mia, e mi interpella sul mio quotidiano. Mi costringe a riflettere su di me, sul mondo intorno e il potere che mi condiziona, non nell’illusione di sfuggirgli, ma nella consapevolezza che la coscienza di questo potrà consentirmi, forse, di ritagliarmi un infinitesimale spazio di libertà.
Nel pomeriggio del primo novembre 1975, Pier Paolo Pasolini rilasciò una storica intervista a Furio Colombo (http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it/morte/siamo-tutti-in-pericolo-lultima-intervista-a-ppp-di-furio-colombo-1-xi-1975/), durante la quale, alla domanda su cosa fosse il potere secondo lui, rispose con queste parole:
Il potere è un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori. Ma attento. Uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano nello stesso modo. Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra di Borsa uso quella. Altrimenti una spranga. E quando uso una spranga faccio la mia violenza per ottenere ciò che voglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che è una virtù volerlo. Io esercito il mio diritto-virtù. Sono assassino e sono buono.
Poche ore dopo, la notte del 2 novembre, veniva assassinato.
Pasolini chiese a Colombo di intitolare l’intervista: «Siamo tutti in pericolo»; mi è sembrato un buon titolo da prendere in prestito per uno spunto di riflessione in questo 27 gennaio 2020.
Danilo De Luise