09 Dic Diritti umani
10 dicembre: Giornata Mondiale dei Diritti Umani
Avere fede nei diritti umani!
Ogni 10 dicembre ricorre la Giornata Mondiale dei Diritti Umani dove si commemora la Dichiarazione Universale di Diritti dell’Uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazione Uniti a Parigi, proprio il 10 dicembre 1948 durante la 183° riunione plenaria.
È stato un grande traguardo raggiunto dopo tre anni di lavoro. La seconda (e atroce) guerra mondiale aveva fatto nascere, nel 1945, le Nazione Unite il cui scopo era di evitare a tutti costi il ripetersi dell’utilizzo della violenza nonché favorire condizioni di sviluppo attraverso le quali ogni singolo essere umano potesse vivere in pace. Dallo Statuto (o Carta) si evince qual era lo spirito e il motore dell’azione e colpisce, in particolare, la seguente frase: “riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne […]”. Riaffermare le fede, la fiducia (un atto quasi religioso) nei diritti che in occidente hanno una lunga storia, che va dalla Magna Carta del 1215 alla Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, come due momenti topici.
Dopo tre anni di lavoro per formulare una visione comune, dunque, nasce la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo con un preambolo e 30 articoli[1]. Nel suo primo articolo si legge: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. La forza spirituale di questo testo si manifesterà poi in modo eclatante nel 1999 quando è stato raggiunto un record mondiale: la Dichiarazione è diventata il documento il più tradotto al mondo[2].
L’etnocentrismo dei “diritti”[3] e la riaffermazione dell’individuo come monade[4] che questi promuovono sono due delle tante critiche che sono state mosse. Queste, insieme alle difficoltà del sistema globale e del capitalismo odierno, nonché al riemergere di narrazioni-azioni di tipo autoritario, mettono a rischio l’impianto simbolico che con tanta fatica si è costruito. Ciononostante, i diritti umani ci interpellano, funzionano come orizzonte che – come l’utopia – ci facilita il senso del camminare, del perseguire e mettere in atto delle azioni per raggiungere quegli scopi che le guerre, la violenza e la disuguaglianza spazzano via.
È veramente un atto di fede credere nei diritti umani, ma questo atto non deve essere una mera aspettativa bensì un atto di fede attiva che metta in campo gli strumenti che permettano a tutti di vivere pacificamente, facendo emergere i propri talenti, creando valore nel con-vivere. Anche se questo sembra oggi più che mai difficile.
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[1] La Dichiarazione, in italiano: <https://www.ohchr.org/EN/UDHR/Documents/UDHR_Translations/itn.pdf> (ultima consultazione: 05.12.19)
[2] Informazione sul sito <https://www.ohchr.org/EN/UDHR/Pages/UDHRIndex.aspx> (ultima consultazione: 05.12.19). Con questo si conferma quanto descritto da Appadurai con il concetto di ideorama: “Anche gli ideorami sono concatenazioni di immagini, ma sono spesso direttamente politici e hanno di frequente a che fare con le ideologie degli stati e le controideologie di movimenti esplicitamente rivolti a conquistare il potere statale o una porzione di esso. Questi ideorami si compongono di elementi della versione mondiale dell’Illuminismo, che consiste di una serie di idee, termini ed immagini, tra cui libertà, benessere, diritti, sovranità, rappresentanza e il termine principe, democrazia.” (Appadurai, Arjun. Modernità in polvere. Dimensioni culturali della globalizzazione, traduzione di Piero Vereni, Meltemi editori srl, Roma, 2006, pag. 56).
[3] “Un esempio corrente etnocentrismo, anche se su base allargata, è legato all’uso che spesso viene fatto del termine Occidente, declinato in varie espressioni come «cultura occidentale», «civiltà occidentale» o «tradizione occidentale». Uno degli epigoni della specificità occidentale è proprio Huntington, il quale attribuisce all’Occidente il primato su valori come «liberismo, costituzionalismo, diritti umani, equità, libertà, democrazia, legalità, libero mercato». Come si può notare, si tratta di ideali che sono considerati da noi assolutamente positivi; ma è poi vero che siano il frutto esclusivo del pensiero occidentale? E soprattutto, sono davvero stati realizzati da questo mondo occidentale? Guardando alla storia non è difficile vedere come la maggior parte di questi ideali siano stati ampiamente e ripetutamente traditi proprio dai principali poteri occidentali” (Aime, Marco. Cultura. Bollati Boringhieri, Torino, 2013, pag. 98).
[4] “Penso che in quest’epoca di vere accelerazioni e di falsi cambiamenti, dove ciò che ritorna è essenzialmente il vecchio, e non il nuovo, la ricerca di nuove forme di utilità politica sia indissolubilmente legata alla creatività. Dobbiamo imparare a pensare alla nostra soggettività in modi radicalmente diversi da quelli a cui siamo abituati. Ci occorre un supplemento di energia creativa per compiere questo salto di qualità, perché, nel nostro insieme culturale e politico, soffriamo di grande carenza creativa, manchiamo d’immaginazione; e non è solo una questione di stile. Il contesto in cui viviamo è assai povero su questo piano: le fonti d’ispirazione si sono inaridite nell’inerte ripetizione di volgari e banali truismi sui diritti e le virtù retoricamente attribuiti a un “individuo” la cui collocazione storica è dubbia e la presenza sociale più debole che mai” (Braidotti, Rosi. Nuovi Soggetti Nomadi, a cura di Ana Maria Crispino, Luca Sossella Editori, Roma, 2002, pag. 20).