01 Mag La coppia conica. 1 maggio 2020
La chiave a stella è il primo romanzo “d’invenzione” e il libro più ottimista di Primo Levi che gli valse il Premio Strega nel 1979. Oltre trent’anni dopo gli orrori di Auschwitz, l’autore s’interroga sul valore etico del lavoro. Alla mensa di una fabbrica in una città dell’Unione Sovietica non meglio identificata, il narratore incontra il connazionale Libertino “Tino” Faussone. Entrambi provenienti da Torino, si trovano in Russia per questioni professionali: l’autore deve dirimere una perizia per l’azienda di vernici in cui lavora come chimico e Faussone, che di mestiere fa l’operaio specializzato, è lì per montare una gru. Essere gli unici italiani nella zona esercitando un mestiere simile spinge i due a condividere le rispettive esperienze di vita personale e lavorativa. Faussone, dopo aver imparato l’arte di battere a mano il rame nella bottega del padre ed essere approdato giovanissimo alla Lancia, decise che la vita sedentaria non faceva per lui. Da allora si sposta da un continente all’altro per seguire i cantieri più disparati, con buona pace delle zie che, invece, lo vorrebbero sistemato a fianco di una brava donna piemontese. Escavatrici, gru, ponti sospesi, non esistono macchinari che Faussone non abbia incontrato nel suo girovagare solitario e che abbiano resistito all’uso esperto della sua chiave a stella…. La narrazione di Tino esprime con chiarezza quanto il lavoro nobiliti l’uomo e lo renda libero. Una riflessione, quella che Levi ci propone per bocca del suo personaggio, che, oggi come ieri, rimane necessaria e attuale.
Per il primo maggio ve ne proponiamo un breve estratto.
La coppia conica
“«… Sa non è per il padrone. A me del padrone non me ne fa mica tanto, basta che mi paghi quello che è giusto, e che coi montaggi mi lasci fare alla mia maniera. No, è per via del lavoro: mettere su una macchina come quella, lavorarci dietro con le mani e con la testa per dei giorni, vederla crescere così, alta e dritta, forte e sottile come un albero, e che poi non cammini, è una pena: è come una donna incinta che le nasca un figlio storto o deficiente, non so se rendo l’idea.»
La rendeva, l’idea. Nell’ascoltare Faussone, si andava coagulando dentro di me un abbozzo di ipotesi, che non ho ulteriormente elaborato e che sottopongo qui al lettore: il termine ‘libertà’ ha notoriamente molti sensi, ma forse il tipo di libertà più accessibile, più goduto soggettivamente, e più utile al consorzio umano, coincide con l’essere competente nel proprio lavoro, e quindi nel provare piacere a svolgerlo.
«Ogni modo: io ho aspettato che lui calasse giù, e poi mi sono messo a guardare bene come stavano le cose. C’era sicuramente qualche cosa che non andava nella coppia conica… cos’ha da ridere?»
Non ridevo: sorridevo soltanto, senza rendermene conto. Non avevo più niente a che fare con le coppie coniche fin da quando, a tredici anni, avevo smesso di giocare col Meccano, e il ricordo di quel gioco-lavoro solitario e intento, e di quella minuscola coppia conica di lucido ottone fresato, mi aveva intenerito per un istante.
«Sa sono una roba più delicata degli ingranaggi cilindrici. Anche più difficili da montare, e se uno sbaglia il tipo di grasso, grippano che è una bellezza. Del resto, non so, a me non è mai successo, ma fare un lavoro senza niente di difficile, dove tutto vada sempre per diritto, dev’essere una bella noia, e alla lunga fa diventare stupidi. Io credo che gli uomini siano fatti come i gatti, e scusi se torno sui gatti ma è per via della professione. Se non sanno cosa fare, se non hanno topi da prendere, si graffiano tra di loro, scappano sui tetti, oppure si arrampicano sugli alberi e poi gnaulano perché non sono più buoni a scendere. Io credo proprio che per vivere contenti bisogna per forza avere qualche cosa da fare, ma che non sia troppo facile; oppure qualche cosa da desiderare, ma non un desiderio così per aria, qualche cosa che uno abbia la speranza di arrivarci.
Ma torniamo alla coppia conica cinque minuti e ho capito l’antifona. L’allineamento, capisce? Proprio il punto più delicato, perché una coppia conica è come chi dicesse il cuore di una gru, e l’allineamento è… insomma, senza allineamento una coppia dopo due giri è da buttare a rottame. Non sto a fargliela tanto lunga: lì su c’era stato qualcuno, qualcuno del mestiere; e aveva riformato uno per uno tutti i pertugi del supporto, e aveva rimontato il basamento della coppia che sembrava dritto ma invece era sfalsato. Un lavoro da artista, che se non fosse del fatto che volevano fregarmi me gli avrei fino fatto i complimenti: ma invece ero arrabbiato come una bestia. Si capisce che erano stati i francesi, non so se proprio con le loro mani oppure con l’aiuto di qualcuno, magari giusto il mio collaudatore, quello che aveva tutta quella fretta di fare il verbale.
…. Ma sì, certo, la denuncia, i testimoni, la perizia, la querela: ma intanto resta come un’ombra, come una macchia d’unto, che è difficile togliersela di dosso. Adesso sono passati dei begli anni, ma la causa è ancora in cammino: ottanta pagine di perizia dell’Istituto Tecnologico di Sverdlovsk, con le deformazioni, le fotografie, le radiografie e tutto. Come crede che finirà, lei? Io lo so già, come finisce, quando le cose di ferro diventano cose di carta: storta finisce.»”