Il numero e l’articolazione delle nostre strutture e delle nostre attività ci ha spinto a organizzarci in modo da garantirne la coesione per contrastare il rischio di frammentazione del sistema e le sue ricadute sul lavoro con le persone. Per garantire la necessaria unità di “San Marcellino”, quindi, abbiamo sviluppato connessioni di qualità tra le differenti parti del sistema, predisponendo il monitoraggio, le cure e le attenzioni necessarie. Questa è una parte delicata e importante del lavoro sociale che si sviluppa, attraverso il lavoro di equipe, nei coordinamenti, nelle supervisioni, nelle numerose altre riunioni e nel lavoro di rete con altre realtà territoriali. Ma mettere la persona al centro non influenza solo il piano operativo, infatti è necessario essere attenti a far sì che la comunità, i sistemi e le differenti forme organizzative, si sviluppino a misura e non a spese, della persona.
A questo proposito, R. Castel ci spinge a riflettere quando dice: “in linea generale, gli specialisti dell’inserimento sono stati finora inclini a rendere prioritaria la norma dell’interiorità, e cioè a tentare di modificare la condotta degli individui in difficoltà spingendoli a cambiare il loro modo di pensare e a rinforzare le loro motivazioni a ‘uscirne’, come se fossero essi stessi i principali responsabili della condizione in cui si trovano. Ma perché l’individuo possa realmente fare progetti e stipulare contratti affidabili, deve poter contare su una base di risorse oggettive. Per potersi proiettare nel futuro, è necessario disporre di un minimo di sicurezza nel presente” ……… “vivere nell’insicurezza giorno per giorno significa non poter più fare società con i propri simili (…)” .
Come non ricordare, a proposito, il nostro caro Presidente Sandro Pertini, quando, nel 1958, scriveva al giovane cognato “Gli uomini per essere liberi è necessario prima di tutto che siano liberati dall’incubo del bisogno”.
A ben vedere il nostro lavoro è una mediazione del conflitto esistente tra la persona in condizione di senza dimora e il contesto sociale, ma una mediazione, per essere tale, deve necessariamente coinvolgere tutte le parti in causa. Ecco che, allora, nella relazione, luogo di testimonianza, di confronto, di conflittualità e di accompagnamento sociale, i bisogni dell’operatore e della persona si trasformano, attraverso una negoziazione di senso e di identità, sviluppando un progetto per la persona, ma anche un progetto per la società.
Per questo, oltre ai servizi, è necessario favorire e realizzare attività che promuovano cambiamenti dei comportamenti, nelle organizzazioni ecc… È un lavoro di contaminazione che vede la promozione e la lotta per la giustizia, non solo come individuazione e eliminazione delle radici dell’ingiustizia, ma, anche e soprattutto, come sviluppo di luoghi di riflessione, di formazione, di testimonianza attorno ai temi centrali dell’esperienza umana. Più semplicemente è nostra convinzione che il lavoro sociale debba contemplare una strategia che consenta, all’enorme potenziale di cambiamento che l’incontro con la sofferenza comporta, di accedere a un piano culturale che coinvolga la società. Riteniamo che questo sia l’unico modo per impedire che il nostro lavoro si riduca solamente alla funzione di controllo sociale.
È un percorso teso a costruire una società più coesa. La coesione sociale prevede sistemi attenti a non frammentare la persona in funzione di qualche cosa di altro, sia essa un mercato piuttosto che un’ideologia. Per una comunità, non frammentare e non frammentarsi significa non essere espulsiva, tenere dentro, essere capace di costruire appartenenza, quindi riconoscimento, non ledere i processi di costruzione dell’identità, essere vitale e, quindi, degna del’uomo.
Da queste convinzioni considerazioni originano le nostre attività culturali, sono proposte che rivolgiamo agli operatori, ai volontari e alla città.
(passi tratti da: De Luise, D. e Gagliardi, A., “L’Associazione San Marcellino, Genova”, in De Luise, D., (a cura di) Operare con le persone senza dimora, FrancoAngeli, Milano, 2005, p. 48-49. – P. Pierri (a cura di), Sandro Pertini, gli uomini per essere liberi. Add. Editore, Torino, 2011.)